Astarte
Astarte, come la potente Ishtar – regina del cielo e della terra, dea guerriera dell'amore , è anche protettrice dell'amore sessuale, di quello casto come di quello dissoluto (forse per questo motivo nel Vecchio Testamento il nome fenicio Ashtart è alterato in Astaroth, ovvero Astarotte, demone dell'impudicizia). Astarte era collegata alla fertilità , alla sessualità e alla guerra . I suoi simboli erano il leone , il cavallo , la sfinge , la colomba e una stella all'interno di un cerchio che indicava il pianeta Venere . Le rappresentazioni pittoriche la mostrano spesso nuda. È stata conosciuta come la stella del mattino e / o della sera divinizzata . La divinità assume molti nomi e forme tra le diverse culture e, secondo la mitologia cananea, è la stessa della dea assiro-babilonese Ištar , tratta dalla dea sumera Inanna , la prima e primordiale dea del pianeta Venere del terzo millennio a.C.
Ishtar
Nella mitologia sumera e poi babilonese, Ishtar, detta anche Istar (era chiamata invece Inanna dai Sumeri) era la dea dell’amore e della guerra. Aveva dunque due aspetti: uno benefico, come personificatrice dell’erotismo, dell’amore e della maternità, ed uno temibile, come dea delle tempeste, delle catastrofi e delle battaglie. Ad Ishtar era dedicata una delle otto porte della città di Babilonia, oltre che alcuni centri di culto a Ninive, Assur ed Uruk. Secondo alcuni miti, Ishtar era figlia del dio della Luna Sin, in altri era invece figlia del dio del Cielo Anu. Era sorella di Samas, dio del Sole. Invece, tutti i miti concordano sulla correlazione tra Ishtar ed il pianeta Venere; vediamo che infatti il simbolo di Ishtar era la stella ad otto punte, rappresentazione stilizzata del pianeta, ripresa anche dal Cristianesimo. La dea Ishtar è presente nell’Epopea di Gilgamesh, in cui viene presentata sì come bellissima e sensuale amante, ma anche come terribile vendicatrice. Infatti, quando la dea si innamorerà dell’eroe Gilgamesh, quest’ultimo la rifiuterà, a causa delle tristi fini che la dea aveva fatto fare ai suoi precedenti compagni. Secondo un’altra leggenda, quando Ishtar si recò nell’Ade scomparendo dalla Terra, uomini ed animali smisero di accoppiarsi: senza la dea era scomparsa ogni forma di amore ed erotismo. Appellativi ed epiteti di Ishtar riguardavano la fertilità, quindi “Donatrice di Semi”, e la bellezza, quindi “Argentea”. L’animale sacro ad Ishtar era il leone, ed infatti la dea era chiamata anche “la Leonessa”. La dea inoltre era spesso raffigurata con una lunga veste, ornata di spighe di grano, ma alcune volte anche nuda, oppure insieme al suo compagno Tammuz, un pastore, poi divinizzato, di cui si era innamorata. Durante la XVIII dinastia egiziana, il suo culto venne importato in Egitto, dal faraone Amenhotep III. In quanto dea della maternità e della fertilità, in Egitto veniva spesso ritratta nell’atto dell’allattamento. Nel culto fenicio, invece, verrà venerata col nome di Astarte. ( leggi Calendario Wicca - Festività - 17 Marzo Festa di Ishtar)Inanna
Inanna era un’antica dea sumera, “Anunna” dell’amore, della sensualità, della fertilità, della procreazione e della guerra. Denominata successivamente “Ištar” dagli Accadi, dagli Assiri e dai Babilonesi, è identificata successivamente dagli Ittiti con “Šauška”, “Astarte” dai Fenici (un’altra traslitterazione è “Ashtart”; nella lingua ebraica biblica il suo nome è עשתרת (traslitterato Ashtoreth), in ugaritico ‘ṯtrt – anche ‘Aṯtart o ‘Athtart, traslitterato Atirat – e in accadico è As-tar-tu); ella era Afrodite per i Greci e Venere per i Romani. In tutti i racconti antichi viene associata al pianeta Venere, il qual fatto permette di associare il suo nome a quello di “Signora della Luce Risplendente“. L’iconografia della dea è associata anche alla stella a otto punte (un simbolo che si ritrova successivamente nell’iconografia cristiana correlato alla Vergine Maria). Il simbolo della stella a otto punte rievoca il fatto che il pianeta Venere ripercorre le stesse fasi in corrispondenza di un ciclo di 8 anni terrestri, cosa già ampiamente conosciuta dagli astronomi in epoca sumera. La più antica attestazione del nome di questa antica divinità è riscontrabile in alcune tavole di argilla rinvenute nell’antico complesso templare dell’Eanna (nell’antica città sumera di Uruk) e risalenti ai periodi del tardo Uruk-Gemdet Nasr, quindi intorno al 3.400-3.000 a.C., risultando tracciato con i segni più antichi come i pittogrammi, mentre quelli le indicazioni più recenti sono riportate in maniera più astratta. Inanna è considerata come una delle più importanti divinità di tutto il vasto Pantheon mesopotamico. In alcuni miti viene descritta come figlia del dio del cielo ANU, il padre degli Anunnaki, divinità suprema del vasto Pantheon mesopotamico, mentre in altri appare come figlia di Nanna/Sin, Dio della luna e della saggezza, e in altri ancora è indicata come figlia del Dio Enki.Lakshmi - la “sposa perfetta”
Siede serena su un grande e roseo fiore di loto, simbolo di purezza e spiritualità, la “dea madre” Lakshmi, consorte di Vishnu e madre di Kama, il dio dell’amore. Dotata di carnagione dorata, dolcissima femminilità e classica bellezza, ha quattro braccia e le sue mani sono ornate di gioielli: con una offre benedizioni, un’altra invece lascia sgorgare da una coppa monete d’oro e altri simboli di prosperità e abbondanza. Le altre due, infine, sorreggono ciascuna un altro fiore di loto. Spesso accanto a lei compaiono corsi d’acqua placida o elefanti, entrambi manifestazioni di impegno costante e di realizzazione materiale e spirituale. Considerata anche dea della ricchezza, è presente in forma di immagine o statuetta in moltissime case induiste. Dolcezza, protezione e maternità sono le sue caratteristiche, e nella tradizione la donna sposata dovrebbe ispirarsi a lei, serenamente intenta a dare sostegno, così come il marito dovrebbe cercare nella moglie un’idea di Lakshmi. Ed ecco allora che nell’iconografia abbondano anche le immagini di felicità coniugale di Lakshmi e Vishnu, spesso raffigurati insieme mentre sono affiancati, legati, abbracciati, con lei appoggiata sulle ginocchia di lui oppure intenta a massaggiargli i piedi.Parvati, l’amore devoto
La leggenda narra che la prima moglie di Shiva, Sati, diede fine alla sua vita immolandosi, spinta dalla vergogna e dall’indignazione dopo che suo padre aveva offeso il genero non invitandolo a una cerimonia, e che da allora il neo-sposo e subito vedovo Shiva, consumato dal dolore, si rifugiò nell’Himalaya per vivere da asceta, meditando e rifiutando la vita terrena. Ma la rinuncia all’amore non era destinata a durare: ecco ripresentarsi Sati reincarnata sotto forma di una nuova donna-dea, Parvati, figlia della personificazione della montagna e di una ninfa. La saggia e bella Parvati, le cui grazie estetiche non sembrano destare alcun interesse nel suo amato Shiva, capisce che deve ammaliarlo giocando nel suo stesso territorio e anche lei si rifugia da asceta nella montagna, finché l’oggetto del suo amore, conquistato da tanta spiritualità, non si decide a prenderla in moglie. Esiste anche un’altra versione della leggenda, più affine alle occidentali storie di Cupido: secondo il romanzo epico Kumurasambhavam, il dio dell’amore Kama decise di aiutare Parvati scoccando una freccia in direzione del dio che meditava, per colpire la sua attenzione. Distratto dalla meditazione, Shiva aprì il terzo occhio con cui però incenerì all’istante il povero Kama, privando così anche il mondo della forza del desiderio sessuale. Ma con l’intercessione di Parvati, nel frattempo divenuta la nuova moglie di Shiva, ecco resuscitare Kama. L’iconografia tradizionale mostra due sole braccia per la bella e gentile Parvati, con il sinistro leggiadramente sollevato e il destro che tiene in mano un fiore di loto. Detta anche “figlia della montagna”, è madre di Ganesh e Skanda e anche lei rappresenta un idea le femminile di delicatezza e benevolenza.
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