Il 17 Marzo, cade la festa della Dea Ishtar.
Ishtar venne considerata prevalentemente come dea dell’amore, descritta come colei che non poteva essere mai soddisfatta dai suoi numerosi amanti. Come dea della natura essa era la Luna nel suo aspetto fertile e procreativo mentre, come madrina dei raccolti, venne identificata con la costellazione della Vergine ma, soprattutto, fu associata al pianeta Venere, l'astro più luminoso del cielo, se si eccettuano il Sole e la Luna.
Il pianeta Venere era comunemente conosciuto con due nomi: Stella del mattino e Stella della sera, perché è visibile per due o tre ore prima del sorgere del Sole o per due o tre ore dopo il suo tramonto.
Ishtar come Stella del mattino e figlia del Sole fu immaginata guerriera fredda e crudele, astro che annuncia la venuta del nuovo giorno portatore di nuove sfide.
Come Stella della Sera, figlia della Luna, fu la dea dell’amore che attira l’uomo verso la donna, e la divinità in onore della quale si praticò maggiormente la ierogamia nei templi.
Ishtar la Grande Madre è nuda, poiché la Verità non ha bisogno di coprirsi di veli.
Sul suo capo spicca l'emblema lunare. Nella mano destra Ishtar ha una coppa, simbolo di gioia e abbondanza perché contiene il nettare della Vita.
Nella sinistra, regge un fiore di loto, che nasce sott'acqua ma che diventa di inestimabile purezza quando sboccia alla superficie. Il significato è dunque chiaro: "Ex tenebris ad Lucem...".
La Dea della Luna il cui culto era forse il più diffuso durante l’antichità era proprio lei, la babilonese Ishtar.
Era inoltre venerata in altri paesi, sotto svariati nomi. E' molto vicina alla dea sumera Inanna.
Era Astarte a Canaan.Attar in Mesopotamia.Athtar nell’Arabia Meridionale.Astar in Abissinia.
Atargatis in Siria.Astarte in Grecia.
Artemide sembra essere il termine generico, usato per ognuna delle molte manifestazioni di questa grande e potentissima dea.
La divinità conosciuta in Egitto era Iside.
Ishtar è una personificazione di quella forza della natura che si rivela come colei che dà e toglie la vita. Essa è la Madre di Tutti. Porta gli appellativi di Argentea, Produttrice di Semi, e Gravida.
E’ la dea della fertilità, dalla quale proviene il potere della riproduzione e della crescita per tutto ciò che vive. Tutta la vita emana è lei stessa. piante, animali, esseri umani sono suoi figli naturali.
Ma Ishtar possiede una duplice facciata. Non solo dispensa la vita ma la distrugge anche. E’ come la luna, che fa crescere le cose nel suo periodo crescente, mentre quando cala, tutte le cose «sono diminuite e rese infime».
Ma la luna crescente ritorna di nuovo, dopo il periodo di buio. La luce subentra all’oscurità anche quando l’oscurità vince la luce. La Dea della Luna si manifesta di nuovo nella sua fase creativa e benefica. Ishtar,
“la via, la vita, la salvezza degli uomini e degli dei; e tuttavia la medesima che è rovina, morte, e distruzione”.
Il Mito di Ishtar
I Sumeri, inventori del primo alfabeto, il cuneiforme, ci hanno fatto pervenire i documenti scritti più antichi della manifestazione orientale della Grande Madre. Inizialmente fu venerata come Nana, la dea della vita e della natura, della fecondità e della nascita. Era adorata specialmente nella città di Uruk, nella Mesopotamia meridionale, dove sorgeva il suo tempio, l’Eanna, la Casa del Cielo, ed era raffigurata nuda con forme molto sviluppate, nell’atto di comprimersi con le mani il seno. Poi, in queste terre, Nana (Inanna?) diventa per motivi sconosciuti Ishtar, figlia del dio-luna Sin, spesso invocata con l’appellativo rivelatore di “Signora di Eanna”.Il nome Nana è però rimasto in alcune zone dell’Africa, come presso gli Yoruba della Nigeria e i Fon del Benin come dea della Terra.
Ishtar in origine fu la dea della vegetazione che rinverdisce dopo il freddo inverno: così è descritta in una saga chiamata “il Pellegrinaggio di Ishtar”, nella quale si narra che la dea si innamorò di Tammuz, un giovane che fu ferito mortalmente da un cinghiale durante il solstizio estivo. Ishtar regnava su tutti i cicli o mesi lunari dell’anno; la fertilità dell’anno, tutto ciò che era nato durante i dodici mesi, veniva considerato un suo frutto. Questa idea era splendidamente espressa nella credenza che suo figlio, Tammuz, fosse la vegetazione di tutta la terra. Nel mito, col sopraggiungere della virilità, Tammuz divenne l'amante di Ishtar. Al tempo del solstizio estivo, egli moriva e scendeva nell’oltretomba (In Mesopotamia, il rigoglio primaverile ha vita molto breve, bruciato dal sole estivo, e per questo la morte di Tammuz non avveniva in autunno ma all’inizio dell’estate). Così anno per anno, Tammuz periva e discendeva nel mondo infero. Alla sua morte, la dea, e tutte le donne con lei, prendevano il lutto nel mese chiamato con il suo nome, Tammuz. Il lutto rituale per Tammuz richiamava il digiuno annuale dei lamenti per la morte di Adone. Il lutto di Ishtar per Tammuz (o di Inanna per Dumuzi, o di Afrodite per Adone) è l’origine mitica del digiuno delle lamentazioni, che costituì un rituale di primaria importanza nella religione della Grande Dea. Il Ramadan, una delle cerimonie religiose più importanti del mondo islamico, corrisponde al lutto per la morte di Tammuz. Ishtar e tutte le donne, dunque, prendevano il lutto per Tammuz, e infine essa intraprese il pericoloso viaggio nella Terra del Non Ritorno, per liberarlo. La Terra del Non Ritorno era allora governata dalla sorella di Ishtar, Allatu (o Ereshkigal) - che rappresenta l'alter ego, il lato oscuro, nascosto o ombra della dea, con il quale Ishtar si deve confrontare per portare a compimento il suo viaggio negli inferi (il tema del doppio oscuro, spesso ricorrente quando le divinità si recano nel mondo ctonio).
Allatu fece attraversare alla sorella sei diverse "porte" e ad ognuna di queste impose che gli ornamenti con i quali la dea era solita presentarsi venissero tolti, poiché nel mondo degli Inferi si poteva accedere soltanto nudi e senza armi di difesa/offesa: il guardiano la privò della corona che portava sul capo, poi degli orecchini, della collana di perle e dello splendente pettorale d'oro e di pietre preziose, infine le tolse la cintura, simbolo del perpetuarsi della vita; per ultimi gli anelli e l'abito. Man mano che le venivano tolte le sue insegne la dea veniva privata della sua forza, cosicché sua sorella Allatu la poté fare sua prigioniera. Mentre Ishtar era negli inferi, sulla terra cadde una terribile depressione e disperazione. Durante la sua assenza non poteva essere concepito nulla. Né gli uomini, né gli animali, alberi o piante potevano moltiplicarsi, e, cosa ancora peggiore, non lo desideravano neppure. Il mondo intero sprofondò in una sorta di inattività senza speranza, in lutto... in attesa del suo ritorno.
Intervenne Ea (il signore degli dei) che ordinò ad Allatu-Ereshkigal la liberazione di Ishtar e di Tammuz.
Soltanto dopo il ritorno di Ishtar e Tammuz sulla terra la fertilità e il desiderio sessuale si riattivarono.
Il simbolismo astronomico è palese: la Terra (Ishtar) si unisce con il sole primaverile (Tammuz) e si copre di verde; il sole ardente dell’estate (il cinghiale) uccide la gentilezza della primavera, nuovi semi vengono interrati (i due amanti nell’oltretomba) e dopo l’inverno sterile il ciclo ricomincia.
Alkemill / LilithEye 🌕🌖🌗🌘🌑🌒🌓🌔👁
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