Le Dee della giustizia


Le Dee Della giustizia

Themis

La più antica Dea greca della Giustizia THEMIS, madre della Dike altra Dea della Giustizia, non è, come alcuni interpretano, la Giustizia dei singoli, la giustizia ed il senso di ciò che è giusto insito in ognuno di noi, ma la legge morale o di natura. Temi, madre di Dike-Astrea, sposa di Zeus, sarebbe dunque un'accezione generale di giustizia: la Dea delle leggi eterne. Ma la cosa più importante è che lei appartiene alla stirpe dei Titani. E' figlia di Urano e di Gaia o Gea, e sorella delle Titanidi. Come Dea delle leggi eterne, quindi Dea cosmica, figura tra le spose divine di Zeus, la seconda dopo Meti (oddio, un matrimonio temibile, perchè Zeus è un Enrico VIII, la prima moglie se l'è ingoiata...). Temi ( o Themis ), come personificazione della Giustizia, o della Legge eterna, era la consigliera di Zeus, infatti gli aveva ordinato di rivestirsi con la pelle della capra Amaltea, l'egida, e di servirsene come corazza nella lotta contro i Giganti. Le si attribuisce anche talvolta la prima idea della guerra di Troia, che sarebbe stata suscitata da lei per porre rimedio al popolamento eccessivo della Terra. E oggi che farebbe, un terremoto a catena da nord a sud, da ovest ad est? Ma gli studiosi scherzano. Fra le divinità di prima generazione, Temi è una delle poche che condivida con gli altri Dei la vita sull'Olimpo. Ella doveva questi onori non soltanto alle sue relazioni con Zeus, ma ai servigi da lei resi agli Dei inventando gli oracoli, i riti e le leggi. Insomma era un'antica Dea ancora tenuta in considerazione.
Da Zeus, Temi generò: le Ore, le tre Moire (le Parche),  la Vergine Astrea, personificazione della Giustizia, le ninfe dell'Eridano.

Dike (Grecia)

Dea della Giustizia, detta anche Astrea, figlia di Zeus e Themis, fu considerata il principio fondamentale per lo sviluppo di ogni società civile. Era una delle Ore, stanca degli errori degli uomini si trasferì in cielo diventando la costellazione della Vergine. Nella mitologia greca, Dike è la dea vergine della giustizia, figlia di Zeus e Themis e sorella di Eunomia, dea dell’ordinamento legale, e di Irene, divinità della pace. Le tre sorelle avevano un compito ben preciso, affidato loro dal padre: quello di far rispettare le leggi morali e giuridiche agli uomini, in un mondo dove la corruzione e la violenza dovevano essere necessariamente contrastate. Dike, che è stata anche causa della scomparsa di Atlantide, nacque durante la prosperosa e felice Età dell’Oro, quando gli uomini non conoscevano ancora la sofferenza e il lavoro. Tutto cambiò quando, detronizzato Crono, fu Zeus a prendere il suo posto: gli esseri umani cominciarono a soffrire di mali sconosciuti, come l’egoismo e la violenza. Non riuscendo a vivere in questo palcoscenico del dolore, la dea della giustizia decise di trasferirsi nell’alto dei cieli, esercitando da lì il suo ruolo di giustiziera, e dando vita, lontano dalla Terra, alla cosiddetta costellazione della Vergine.

Iustitia (Roma)

Era una delle Ore, che stanca dei misfatti degli uomini mortali, tra i quali viveva nella felice Età dell'oro, si trasferì in cielo diventando la costellazione della Vergine. Era rappresentata talvolta bendata, sempre con la spada e la bilancia. A causa del suoi integrità ed imparzialità fu denominata Giustizia ed a quel tempo nessuna nazione straniera era impegnata nella guerra, nessuno ancora navigava sopra i mari, ma tutti si godevano le loro vite e si preoccupavano dei loro campi.
Ma gli uomini che vennero dopo, cominciarono ad essere meno osservanti al dovere e più avidi, di modo che la giustizia si accompagnò più raramente con gli uomini.
Infine il male diventò così estremo, durate l'Età del Bronzo, che ella non poté resistere oltre e volò tra le stelle.
Ma la Iustitia romana non è tanto equivalente alla Themis Greca, quanto a Dike anche detta Astrea che ebbe appunto una parte nella leggenda dell'Età dell'oro. Esiodo, ne Le Opere e i Giorni, racconta che all'inizio, nel periodo in cui regnava Crono, c'era una "razza d'oro". Gli uomini vivevano ancora come gli Dei: non invecchiavano e godevano la vita tra banchetti e feste. Giunto il tempo di morire si addormentavano dolcemente. Non dovevano lavorare ed i beni appartenevano a tutti. Vivevano dell'abbondante raccolto offerto dalla terra e non facevano guerre.
Era il regno della Giustizia e della Buona Fede, e gli Dei vivevano accanto ai mortali.
Giovenale affermava che un tempo “nessuno temeva ancora i ladri” e la gente viveva “senza chiudere l’orto”. Ci si nutriva di legumi e di frutti, senza uccidere animali.

Nemesi

Nemesi è una figura della mitologia greca, secondo alcuni figlia di Zeus, secondo altri figlia di Oceano e della Notte, la Dea della giustizia e pure della vendetta.
Il nome indica "giustizia compensatrice" o "giustizia divina", infatti all'inizio la Dea greca distribuiva gioia o dolore secondo il giusto, e quindi con nemesi una situazione negativa che segue un periodo buono come atto di giustizia compensatrice distribuito dal fato. Questo perchè il mondo segue una legge di armonia, per cui il bene deve essere compensato dal male e viceversa. I Romani avevano edificato un'ara per Nemesi sul Campidoglio dove deponevano una spada prima di partire per la guerra.
Il che fa pensare a un guardiana divina della terra che i soldati lasciavano. Nemesi significa distribuzione del Fato, intesa come Giustizia Compensatrice o Riparatrice, o è interpretata come Giustizia Divina. Oggi questo termine si usa anche per intendere una situazione negativa che giunge immediatamente dopo un periodo particolarmente fortunato, sempre come atto predestinato alla compensazione. L'idea che soggiace a questo termine è di un mondo che risponde a una legge di armonia, per cui il bene deve essere compensato dal male in egual misura. L'importanza della dea Nemesi nel Pantheon greco viene spesso sottovalutata. E' stata vista come dea della vendetta, come dea della Giustizia intesa come "compensazione" dei torti subìti, persino come una divinità il cui operato era equivalente alla "Legge del Karma" degli induisti. Ma il compito principale di Nemesi era quello di preservare l'Ordine Cosmico e l'armonia tra gli Opposti. Era quindi la depositaria del Mistero più importante tra i due a cui facevano riferimento le scritte sul frontone del tempo di Apollo a Delfi. La prima scritta, "conosci te stesso", si riferiva ai Piccoli Misteri. La seconda, "medenagan”,(μηδὲνἄγαν), "nulla di troppo", viene spesso fraintesa e letta in senso moralistico. Sottintende, invece, la conoscenza dei limiti posti alla luce e all'ombra, la legge che trasforma una qualità nel suo opposto polare, quando il culmine sia stato raggiunto, come fa il sole ai due solstizi.  

Maat

Dea Egizia della giustizia. Fate attenzione a chiamarla, poiché se avete commesso delle ingiustizienella situazione nella quale chiedete il suo aiuto, lei porterà giustizia anche in ciò che avete fatto. La dea Maat viene rappresentata come una divinità femminile antropomorfa con una piuma di struzzo sul capo. Figlia del dio solare RA e sorella/moglie del dio della sapienza THOT, Maat è l’incarnazione di concetti come: giustizia, verità, equilibrio, moralità e armonia.
Questa divinità è l’espressione delle leggi che sorreggono la struttura del cosmo, alle quali uomini e dei devono obbedire.

Per comprendere l’importanza di questa dea all’interno del “pantheon” egizio occorre rifarsi a uno dei miti della creazione in cui è citata. Il dio RA, presentato come demiurgo, per ergersi sulla collina emersa dal mare primordiale NUN, pone sua figlia MAAT, principio di ordine, al posto di ISFET, principio caotico. Qui vediamo come la potenza creatrice sia limitata da leggi di carattere matematico. I sacerdoti della dea erano amministratori della giustizia e giudici, essi ritenevano che le loro decisioni venissero guidate da Maat stessa e fossero sempre giuste.
I faraoni venivano chiamati “amati da Maat” o “ signori di Maat”, prestavano alla dea giuramento durante l’incoronazione e le dovevano rituali quotidiani. La piuma di Maat era di fondamentale importanza nel rito della pesatura dell’anima (psicostasia). Il cuore del defunto considerato la sede dell’anima, veniva pesato da ANUBI insieme alla piuma di Maat. A questo rito era presente la dea con funzione di garante rappresentando esse stessa la giustizia assoluta. Durante la pesatura la piuma funge da termine di paragone con il cuore del morto in quanto a purezza. Se il cuore fosse pesato più della piuma sarebbe stato mangiato dalla bestia “Divoratrice di morti” AMMIT condannando l’anima del defunto a un eterno vagare nelle lande della DUAT.
 

Sekhmet

Sekhmet era una dea egiziana, signora della medicina e delle battaglie, è raffigurata con un corpo di donna ed una testa di leonessa. Sekhmet: cioè la “dea potente”, colei che detiene lo scettro, era la distruttrice delle cause cattive, di ciò che non può durare, che non ha stabilità.
A partire dalla XVIII dinastia acquisì anche i simboli divini quali il disco solare, l'ureo ed il bastone uadj. Figlia di Ra, nella tarda teogonia menfita a partire dal Nuovo Regno, era membro della triade come sposa di Ptah e madre di Nefertem, prendendo anche l'epiteto di "La grande, amata da Ptah".
Era la terribile dea della guerra che impersonificando i raggi dal calore mortale del sole incarnava il potere distruttivo dell'astro ma anche l'aria rovente del deserto i cui venti erano il suo alito di fuoco e con i quali puniva i nemici che si ribellavano al volere divino, rappresentava anche lo strumento della vendetta di Ra contro l'insurrezione degli uomini imponendo l'ordine del mondo.
Protettrice anche dei medici, come citano i papiri Ebers ed Edwin Smith e dei suoi sacerdoti, molto potenti che erano spesso chiamati per la cura di patologie ossee, quali le fratture.
Col suo carattere molto pericoloso, la dea aveva anche un lato benevolo che richiedeva rituali specifici soprattutto durante gli ultimi cinque giorni dell'anno lunare, giornate queste estremamente pericolose. Era temuta persino nell'Aldilà dove il malvagio Seth ed il serpente Apopi venivano sconfitti dalla dea che abbracciava con le sue spire di fuoco Ra nel suo viaggio notturno. È connessa alla potenza del Sole che offre la vita, ma richiede obbedienza e trasparenza, lei è l”’occhio che tutto vede” e tutto giudica e a cui non si può sfuggire, Sekhmet è l’incarnazione della leonessa: lottatrice scaltra ed instancabile, forte e coraggiosa, giusta e saggia; è la “signora della vita”, e come il Leone dello Zodiaco, è associata al cuore ed al petto: simbolo della madre che allatta.
Secondo il mito, il dio Sole (Ra) deluso dal comportamento del genere umano mandò Sekhmet, il suo occhio divino, sulla Terra per dare una punizione agli umani.; la dea non riuscì a controllare la sua sete di giustizia e continuò a distruggere gli uomini senza sosta, così Ra fece inondare i campi di birra rossa in modo che la dea la scambiasse per sangue e la bevesse, cosa che essa fece, bevve così avidamente che fini con l’addormentarsi mettendo così fine alla distruzione.
Per ricordare la terribile circostanza, nacque la Festa dell'Ebbrezza, celebrata nella stagione di Akhet ossia dell'inondazione del Nilo e nella quale venivano preparate grandi quantità di birra.
Membro di diritto del Tribunale divino che giudicava i morti, la cui anima veniva pesata sulla bilancia di Maat, era la dea leonessa a fare da guida e a proteggere i giusti dai pericoli del Mondo delle ombre.
Sulla terra, l’ira di Sekhmet era sinonimo di epidemie e carestie, ma, allo stesso tempo, era lei l’unica in grado di arrestarle.

Non si accarezza la gatta Bastet, prima di aver affrontato la leonessa Sekhmet

(antico detto egizio)

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