Alchimia : La Teoria



L’alchimia risale all’antico mondo mediterraneo, alla tradizione ermetica. Questa dottrina segreta madre di tutte le scienze, fu rivelata agli uomini da Ermete Trismegisto spesso identificato col dio egizio Thot. E’ quindi una scienza sacra riservata ai soli iniziati.

Al mitico Ermete Trismegisto si attribuisce una vasta letteratura in lingua greca che pur contenendo elementi dell’antica religione egiziana risale al II o III sec. d.C.

Da questi trattati emerge la figura dell’uomo mago, che conosce le occulte corrispondenze nei tre regni della natura, le sa attrarre e usare.

L’ermetismo quindi comprende quell’insieme di discipline esoteriche e filosofiche che vanno sotto il nome di Ermete.

Tutto ciò che nasce sulla terra è messo in corrispondenza con le stelle, le costellazioni e i pianeti, come afferma Filone: “Coloro che si esercitano nella saggezza, penetrano i segreti del mare, dell’aria e del cielo e accompagnano col pensiero, nelle loro orbite il corso del Sole, della Luna e degli altri pianeti. Essi sono attaccati in basso al suolo, con i loro corpi, ma danno ali alle loro anime, cossichè marciando sull’etere, contemplano le potenze che vi si ritrovano” (Filone De Somniis, 10 - cfr. Festugière, La Revelation d’Hermés).

Principio basilare dell’ermetismo è l’unità della materia, rappresentata dall’Uroboros, il drago che si morde la coda. Il mondo è concepito come un insieme armonico animato da uno spirito intelligente; legami invisibili uniscono cielo e terra, l’uomo al cosmo. La Spirito universale è il fondamento di tutte le cose manifeste; è la materia prima degli alchimisti, quella che si trova dappertutto, disprezzata dagli uomini che la calcano e non la riconoscono (v. Palombara). 

E’ quello spirito vitale che, come dice la Tavola di Smeraldo, sale dalla terra al cielo e ridiscende in terra arricchita di energie cosmiche (“Ascendit a terra in coelum, iterumque descendit in terram, et recipit vim superiorum et inferiorum”).  

Questa dottrina dell’unità cosmica è racchiusa nei dieci versetti della Tavola di Smeraldo, il più antico documento attribuito ad Ermete.

Nel Rinascimento con la traduzione dei testi ermetici di Ficino, che ebbe l’incarico da Cosimo dei Medici di sospendere quella dei testi di Platone per dedicarsi agli “Hermetica”, si assiste a un rifiorire dell’ermetismo: Ermete viene considerato contemporaneo di Mosè e il suo insegnamento come “prisca-theologia”, cioè come la vera tradizione, madre di tutte le tradizioni. 

Ficino cercò anche di conciliare elementi ermetici con elementi cristiani; testimonianza di questo avvicinamento è il mosaico del pavimento del Duomo di Siena dove Ermete è rappresentato accanto a Mosè e ad un’altra figura non ben identificata. Sotto l’immagine di Ermete è la scritta “Hermes Trismegistus contemporaneus Moyses”. Altra testimonianza potrebbe essere la Porta di Rivodutri, piccolo paese vicino Rieti, per alcuni motivi simbolici incisi sui bassorilievi (1)

Sulla scia di Ficino troviamo poi Pico della Mirandola, Tommaso Campanella, Giordano Bruno, Ludovico Lazzarelli ed altri. Questi studi sfoceranno in una corrente ermetico-cristiana i cui testi più importanti sono le “Opere” del francescano Annibale Roselli, opera voluminosa composta da 6 volumi (Cracovia 1585-1590) e il “Nova de universis philosophia” di Francesco Patrizi , professore di filosofia platonica all’Università di Ferrara, pubblicata nel 1591 insieme a una nuova edizione del Corpus Hermeticum.

Nel secolo successivo Padre Atanasio Kircher, complessa figura di teologo e scienziato, sarà uno degli esponenti dell’ermetismo cristiano.

Lo  studioso che si accinge a introdursi nello studio dell’alchimia si trova di fronte enormi difficoltà non solo per la grande massa di libri scritti sull’argomento, ma anche per l’oscurità e contraddizione dei testi. Un’altra difficoltà si ha in quanto l’alchimia partecipa a molteplici attività del pensiero umano come la religione, la filosofia, la scienza e quindi richiede una mente analitica e sintetica nello stesso tempo, che sappia cogliere e raccogliere i fili sottili sparsi nelle varie materie.

Una precisa dottrina alchemica si può dire che non esiste. La complessa simbologia, l’esprimere attraverso allusioni e analogie concetti che vanno al di là della parola e del ragionamento impedisce che possa essere insegnata con gli usuali metodi scolastici. Simbolo e realtà, chimica e magia sono strettamente e praticamente inscindibili.

L’alchimia si discosta dagli altri cammini iniziatici per il suo carattere operativo. I metalli sono considerati come esseri viventi, contengono un’energia vitale che permette loro di generarsi e moltiplicarsi così come i vegetali; sono inoltre suscettibili di evoluzione e destinati, in tempi lunghissimi, a trasformarsi in oro; l’Opera non fa che affrettare questo processo.

Secondo alcuni autori l’alchimia o “pietra filosofale” avrebbe solo un significato simbolico alludendo alla conquista della più alta spiritualità. 

Altri invece considerano l’alchimia sotto due aspetti: l’un pratico, chimico che assicurerebbe beni materiali cioè denaro e salute; l’altro esclusivamente di ordine filosofico e spirituale.

I filosofi ermetici usano un linguaggio oscuro e difficile, sia per non farsi comprendere dai profani, sia perché gli argomenti dei quali trattono non si possono esprimere a parole; essi si servono di simboli e allegorie, che hanno dato luogo nel tempo ad una ricca iconografia degna di considerazione e di studio da parte di Istituti famosi, come l’Istituto Warburg di Londra. 

Il Rosarium Philosophorum di A. de Villanova, le Figure Geroglifiche di N. Flamel, il Donum Dei di G. Aurach, lo Splendor Solis di S. Trismosin, sono trattati famosi per le immagini che ne illustrano il testo. Alcune di queste opere sono composte addirittura da sole figure come il Liber Mutus e lo Speculum Veritatis. Sembra che anche lo Splendor Solis del Trismosino fosse composto all’inizio di sole immagini.

Oggetto dell’arte alchemica è l’uomo inteso nel suo triplice aspetto: corpo, anima e spirito. Suo scopo è la trasmutazione del piombo in oro: il piombo rappresenta la materia caotica e pesante sia del metallo che della natura umana; l’oro come “luce solidificata” o “sole terreno”, la vittoria dello spirito sulla materia.  

Non si tratta di trasformazioni di metalli minerali, ma di trasformazioni dei “metalli” dell’organismo umano, cioè, per dirla in termini psicologici, delle qualità fisiche e psichiche dell’uomo in qualità più evolute e spiritualizzate (conquista della pietra filosofale). 

E’ quindi un’arte ma nello stesso tempo è scienza, religione e filosofia; interessarsi di tale materia richiede attitudini particolari e qualità sottili della mente (Trismosino), ma soprattutto costanza e pazienza: “Lege, lege, relege et invenies”, non si stancano mai di ripetere i testi alchemici. Ma non basta leggere, necessita anche l’aiuto d’un “maestro” che s’incontrerà al momento opportuno. A volte per incontrarlo si affrontavano viaggi lunghissimi. Trismosin ci racconta delle sue lunghe peregrinazioni prima di giungere a Venezia, dove riuscì a realizzare, lavorando in una “miniera”, la pietra filosofale. Il ritrovamento della “pietra” porta tra l’altro a una completa conoscenza del mondo e delle sue leggi naturali.

Il suggerimento degli Adepti di “scrutare” e seguire la Natura non è né teorico né astratto, ma va interamente vissuto. Scrive F.M. Santinelli: “I Filosofi devono essere tali da conoscere il fondamento di tutta la natura e conoscerlo veramente…La scienza della Pietra filosofale supera ogni dottrina ogni arte per sottile che sia; differenziandosi da esse perché l’opera della natura è sempre più perfetta, più sciolta e più sicura di qualunque arte”. 

E il Sendivogio: “Se tu considerassi con giudizio maturo in che modo opera la Natura, non avresti bisogno dei volumi di tanti Filosofi, perché, a mio giudizio, è meglio imparare proprio dalla maestra Natura che dai discepoli” (Prefazione del Trattato dello Zolfo). La Natura a cui si riferiscono Santinelli e Sendivogio è la stessa illustrata in una bella immagine della Atalanta Fugens (Emblema XLII) di Maier con l’ammonimento: “La Natura ti sia guida e tu seguila passo passo / Con l’arte di buon grado; ti smarrirai se non ti sarà compagna di vita”.

La Natura come maestra infallibile e guida nella pratica alchemica è la regale protagonista in “Le rimostranze della Natura all’alchimista errante” in cui Jean de Meung mette in evidenza gli errori degli alchimisti del suo tempo. La Natura, offesa e trascurata dallo “sciocco artista” che non usa che “l’arte mechanica”, così lo rimprovera:

Io parlo a te fanatico sciocco
che ti dici e ti dichiari in pratica
Alchimista e buon filosofo
e non possiedi né sapere né capacità
dell’arte, né conoscenza di me…
Con un fuoco che arderebbe chiunque
desideri fissare argento vivo
quello volatile e volgare
e non quello che creo io come metallo?
Per questa via non combinerai nulla”.

L’alchimista umiliato e pentito s’inginocchia davanti la Dea e promette di seguire Lei sola, unica guida dei suoi lavori. Questi versi sono raffigurati da una bella miniatura di Jean Perreal (1460-1530) in cui la natura è raffigurata alata, nuda, seduta su un albero cavo (athanor) con la testa cinta da una corona con i 7 pianeti.

Spesso si è confusa, e si confonde, l’alchimia con la spagiria. Ma la vera alchimia è una conquista spirituale, è il raggiungimento di uno stato di coscienza integrata. “L’alchimia, scrive Pierre Jean Fabre, non è solamente un’arte o scienza per insegnare la trasmutazione dei metalli, ma una vera scienza che insegna a conoscere il centro di tutte le cose, che in linguaggio divino si chiama lo spirito della vita”.

Tutte le tradizioni parlano di uno stato edenico, di un’età dell’Oro da cui l’uomo è decaduto. Per riconquistare l’antico stato di regalità, l’uomo deve sottoporsi a pratiche particolari, a un iter iniziatico affrontando prove e pericoli. Le fatiche di Ercole, la lotta di Teseo col Minotauro nel labirinto di Cnosso, le imprese che Giasone deve compiere per riconquistare il Toson d’oro, sono allegoria delle varie fasi che l’adepto deve attraversare per realizzare la Grande Opera.

Alla base dell’arte alchemica è il “solve e coaugula”, liberare cioè le energie insite nella materia dissolvendola (solve) e reintegrandola (coaugula) in materie più perfette. Si tratta di mutare il mercurio lunare in mercurio igneo. L’alchimista nella solitudine del suo laboratorio intento alla trasformazione della materia nel suo athanor, cercava di realizzare la “coniuctio oppositorum”, unione Sole e Luna, cioè una perfetta armonia tra spirito e materia, tra uomo e cosmo.

Si sottoponeva a pratiche speciali affrontando prove e pericoli e percorrendo una scala di simboli e tecniche in cui è difficile distinguere il divino dall’umano.

Il vero alchimista non si limitava agli esperimenti di laboratorio, ma faceva anche uso di preghiere, di evocazioni e di esercizi spirituali per ottenere uno stato superiore e per guadagnare la chiave della Sapienza. La pratica della nostra Arte, scrive Limojon de Saint Dedier, è la cosa più difficile al mondo perché se da un lato è chiamato gioco di bambini, dall’altro essa richiede in coloro che cercano la verità con il lavoro e il loro studio, una conoscenza profonda dei Principi e delle Operazioni della natura nei tre regni, particolarmente minerale e metallico”.

Quindi la prima operazione l’Adepto la deve compiere su se stesso trasformando i propri metalli vili in oro, cioè le facoltà comuni dell’uomo in facoltà trasumanate; deve cioè trasformare la pietra grezza in pietra levigata.

La vera alchimia è quindi un cammino spirituale, un mezzo di conoscenza che cerca di penetrare i segreti dell’uomo e della natura e cogliendo le potenze invisibili dietro quelle visibili.

Scrive il Sendivogius nel De Sulphure: “Nel suo Regno (cioè in quello dello zolfo) sta uno specchio nel quale si vede il mondo intero. Chiunque guardi in quello “specchio” può vedervi e apprendere le tre parti della sapienza di tutto il mondo”.

La realizzazione alchemica si esprime anche in termini di conquista della “pietra filosofale”: chi possiede tale pietra può trasmutare i metalli vili in oro. Ridotta in polvere viene chiamata “polvere di proiezione”, ha cioè la facoltà di trasformare qualsiasi altro corpo trasmettendogli quella energia solare che ne è il fondamento.

Ridotta allo stato liquido, costituisce l’ “Elisir di lunga vita”, la “fontana dell’eterna giovinezza”, motivi che ritroviamo in tante favole e racconti letterari.

L'ottenimento della "pietra", oltre a dare la conoscenza perfetta, comunica a colui che la possiede, poteri meravigliosi, (come ad esempio, rendersi invisibili, spostarsi a piacimento nello spazio, acquistare qualità terapeutiche, comunicare con le potenze angeliche). La conquista della pietra filosofale si esprime anche in termini di conquista del "Toson d'Oro". E' quanto promette il Marchese Massimiliano Palombara, alchimista romano del sec. XVII, autore delle epigrafi della Porta Magica di Piazza Vittorio (Roma) a chi varca la soglia della sua villa. 

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Alkemill / LilithEye 🌕🌖🌗🌘🌑🌒🌓🌔👁