L’Alchimia è probabilmente la disciplina esoterica più oscura e complessa che l’antichità ci ha tramandato. E’ formata da un insieme di conoscenze e concezioni filosofiche, religiose, esoteriche ma anche scientifiche, pratiche, ossia relative ad operazioni che si svolgono materialmente in un laboratorio.
Se banalmente si cerca il termine su un comune vocabolario di italiano ritroviamo che l’alchimia sarebbe «la
pretesa scienza per mezzo della quale gli uomini pensavano di poter
convertire i metalli vili in nobili e di creare medicamenti atti a
guarire ogni malattia e a prolungare la vita oltre i suoi termini
naturali» (cfr: G.Devoto, G.C.Oli - «Dizionario della lingua Italiana»).
Un opinione simile viene promulgata anche da alcuni (per fortuna non
tutti) moderni scienziati dalla «vista corta» come Mr. Peter W. Atkins, docente di chimica fisica presso l’università di Oxford:
«Lo spirito indagatore dell’uomo portò alla nascita di quella branca della scienza oggi nota come chimica.
È
opinione comune che, inizialmente, fu la cupidigia a guidare quello
spirito indagatore, e che la chimica scaturì dai vari tentativi degli
alchimisti di trasmutare il piombo in oro».
Da tutto questo si deduce che l’alchimia si proporrebbe l’ottenimento di benefici di ordine puramente «materiale» ossia l’avere tanto oro ed argento nonché una vita lunga ed in buona salute.
Per contro, secondo diversi movimenti magico-occulti moderni sviluppatisi dal mistico
Jahob Bohme in poi, le operazioni alchemiche andrebbero lette «spiritualmente»
ovvero come una serie di simboli e metafore che rappresentano il lavoro
che avviene nell’anima dell’operatore.
Indi, seguendo quest’ultimo approccio, la purificazione del piombo per
fabbricare l’oro non sarebbe altro che l’allegoria della depurazione
dell’anima dell’alchimista dalla sporcizia del peccato.
Leggendo
diverse opere «hermetiche» (da Hermes, patrono degli alchimisti) ci si
rende ben presto conto che la tesi che vede l’alchimia come pratica
esclusivamente «spirituale» è assai fragile, troppo fragile affinchè
possa sussistere qualche ragionevole dubbio.
Si leggano a titolo d’esempio questi due estratti di due autentici alchimisti:
«Per
levare dall’argento vivo l’umidità superflua quando lo si mescola alle
calci [...] bisogna mescolarlo con quelle aspergendo l’amalgama con
aceto, poi lo si farà evaporare con fuoco dolce, e in questo modo
evaporerà anche l’acquosità del mercurio» (Geber).
«Prendi cento parti di mercurio, lavalo con sale e aceto, e poni sul
fuoco in un crogiolo. Quando incomincia a bollire, metti una parte del
tuo elisir sulle cento del mercurio, e tutto diventa medicina[...] poi
metti una parte di questa medicina su 100 parti di mercurio lavato, e
diventa tutto oro o argento, a seconda che l’elisir fosse rosso o bianco» (Arnaldo da Villanova).
Come
si può constatare, a prescindere dalla difficoltà di lettura,
interpretare passaggi come questi quali esercizi puramente interiori
all’operatore sarebbe cosa assai ardua ed inverosimile.
Riguardo invece all’approccio materialistico visto in precedenza che
vede l’alchimia come tecnica per conseguire salute e ricchezze è da
notare che vi sono metodi molto più semplici per raggiungere tali
obiettivi. Inoltre in
quasi tutte le opere ermetiche gli autori che hanno conseguito la
Pietra Filosofale mantengono un atteggiamento devozionale nei confronti
del Creatore. Tale atteggiamento li avvicina molto più ai mistici di
tradizione cristiana (almeno qui in occidente, dopo l’avvento della
religione di Roma) che all’avidità di Re Mida. Ecco di seguito due
estratti come esempio:
«[...] se il Creatore ha voluto dispensare la vera scienza e la sua
non comune conoscenza, è, se non altro, per alcuni che condannano la
menzogna [...] e che, innanzitutto, amano Dio senza
ipocrisia e perciò lo pregano. Per cui ti dico, in verità, se ti sforzi
di fare la nostra grande e antica Pietra, sii fedele al mio insegnamento
e prima di tutto prega il Creatore di ogni creatura che ti accordi per questo scopo la sua grazia e la sua benedizione» (Basilio Valentino)
«Tuttavia (dell’alchimia) non ne ho parlato mai nè per Allegorie nè
per Enigmi; ma l’ho trattata e l’ho insegnata in parole chiare ed
intelligibili, avendone scritto sinceramente e nel modo in cui l’ho
saputa e l’ho appresa per l’ispirazione di Dio altissimo, gloriosissimo ed lodabilissimo, che si è degnato rivelarmela, poichè non c’è che Lui solo che la dà a chi vuole e la toglie quando vuole.» (Geber)
Tirando le somme pare evidente che l’alchimia è una disciplina
scientifica che mira al conseguimento di un esperienza mistica, la così
detta «rivelazione divina», attraverso delle manipolazioni materiali del
laboratorio.
In effetti per la scienza ermetica la Materia e lo Spirito non sono entità separate ma un tutto unico e collegato, interconnesso.
«La tavola di smeraldo» di Hermes Trismegisto, padre dei filosofi:
«È vero senza menzogna, certo e verissimo.
Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli di una cosa Una.
E poichè tutte le cose sono e provengono da una, per la mediazione di una, così tutte le cose sono nate da questa cosa unica mediante adattamento.»
Come ormai si sarà notato questa scienza, già nella sua descrizione preliminare, sfugge alle catalogazioni dei dizionari, alle classificazioni umane, alle identificazioni dettate dalle comuni esperienze.
È concreta eppure imponderabile, è fisica eppure metafisica, è manifesta eppure totalmente arcana. Un ibrido misteriosissimo tra l’essere ed il non essere, tra l’ideale ed il materiale.
Come si è visto è arduo definire ciò che non si può definire, ragionare su ciò che sfugge al ragionamento stesso il che allontana l’alchimia dall’esposizione prosaica, lineare, e l’avvicina in modo inaspettato alla poesia.
Infatti lo scritto poetico spesso e volentieri non ha necessariamente un significato compiuto o, per meglio dire, il significato rappresenta solo una minima fetta dell’intera comunicazione, l’altra parte non è verbale ma emozionale, spirituale e si rivolge alla sfera più intuitiva della persona.
Un filosofo moderno che si firmava con lo pseudonimo Frater Albertus volendo definire l’alchimia disse che «è il sorgere delle vibrazioni». E poi aggiunse:
«Colui che non coglie il senso di questa frase, in apparenza senza importanza, non ha diritto di tentare la sperimentazione alchimistica. Una persona del genere rassomiglia a chi, conoscendo tutte le lettere dell’alfabeto, pretende per questo di poter leggere tutti i linguaggi che sono composti di lettere provenienti dallo stesso alfabeto.»(cfr: « The Alchemist’s Handbook»)
L’alchimia è il sorgere delle vibrazioni
Sembra la definizione migliore che si possa dare che certamente non soddisfa l’analitico, il logico ma che apre nuovi spazi verso una dimensione sconosciuta dall’alfabeto universale, un mondo che necessita di nuovi occhi per vedere ciò che in genere non è visto, nuove orecchie per sentire ciò che pochi eletti odono nonché speciali antenne per captare.
Non va dimenticato che L’Alchimia è stata una cultura di antichissima formazione. Già si conoscono tracce del pensiero alchemico fin dalla età del ferro ed in particolare dalla antica cultura della Cina. L’Alchimia Cinese si fondò sulla base della alternanza di due principi complementari detti YANG-YIN - che generavano una unione di opposti YANG (Cielo - Sole - Maschio) (YIN -Terra- Luna -Femmina), capaci di realizzare tra di loro inversione di proprietà attive e passive generalmente simbolizzata da un cerchio in cui una doppia spirale a rotazione inversa genera un polo nero in un semi-campo bianco e viceversa un polo bianco nell’altro semi-campo nero.